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Le tegnùe

Una antica leggenda tramanda che al largo della costa di Chioggia, sommersi tra le acque dell’Adriatico, si trovino i resti dell’antica “Chiozza”. Si narra infatti che siano gli alti campanili, le massicce mura e le sontuose cupole della Chioggia sommersa a trattenere le reti a strascico dei pescatori danneggiandole seriamente. Da qui il termine dialettale di “tegnùe” utilizzato con il significato di “trattenute” proprio per indicare questa vasta zona dove anziché i resti di una Atlantide dell’Adriatico, a trattenere le reti sono, in realtà, fondali rocciosi dal fascino indescrivibile. Originati dalla fuoriuscita sottomarina di gas metano e dalla cementazione di un’antica spiaggia, sotto il livello del mare per l’abbassamento del terreno (subsidenza) e l’innalzamento del livello del mare (eustatismo), questi ambienti marini sono un patrimonio comune da tutelare e proteggere. Ricoprono infatti i fondali delle tegnùe spugne dagli innumerevoli colori tra i quali si mimetizzano con maestria polipi, seppie, scorfani e bavose; vi nuotano possenti gronghi, maestosi astici, gamberetti e simpatici cavallucci marini disturbati, a volte, dal chiassoso passaggio di gruppi di merluzzi intenti a guizzare, quasi come se danzassero, in questo sommerso regno marino riconosciuto, dal 2002 Area Marina Protetta, habitat dall’immenso valore naturalistico.

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